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Vinitaly 2025:la 57ª edizione in arrivo, termometro delle aspettative del settore vitivinicolo

 In questa edizione nuove prospettive dalle nuove tendenze dei consumatori: bere bene e consapevole 

Dalla Riviera friulana vini identitari di un territorio non facile dal quale ricavare un grande appeal enologico 

Ritorna il Vinitaly, dal 6 al 9 aprile 2025 alla Fiera di Verona, per presentare in particolare a tecnici, operatori, giornalisti, uno spaccato esaustivo del panorama del mondo del vino. 

Nato nel 1967, quando l’Italia enogastronomica doveva ancora vivere le emozioni create nel tempo da Gino Veronelli a tavola, a nordest e non solo da Isi Benini, giornalista gourmet che trovava sponda a riflettere i suoi messaggi in personaggi fondanti del giornalismo globale come Gianni Brera, il prodotto enologico si stava appena sganciando dal vino da consumo, in Friuli il ‘vin di famee’ o vino di casa, ha vissuto in 56 edizioni tutte le tappe delle difficoltà, gli ostacoli, gli scandali, le crisi, le demonizzazioni che in 58 anni hanno attraversato il pianeta enologico e con esso, negli anni recenti sempre di più, non soltanto l’agricoltura ma l’intera economia italiana ed europea. 

Anche questa volta lo stato d’animo dei 4 mila 300 espositori, tra viticoltori, produttori oleari e di birra che animeranno non solo Veronafiere ma anche il centro della città, non sarà del tutto sereno. 

Sul settore pendono infatti le nubi minacciose dei dazi sulle esportazioni, ma nel contempo si aprono scenari nuovi come quello dei vini dealcolati. 

In uno scenario complessivo nel qualii timori generati dal nuovo codice della strada negli automobilisti sta contribuendo a cambiare le abitudini dei degustatori, spinti al consumo a casa e, nei locali, a ridurre le consumazioni al bicchiere. Il vino rischia dunque di perdere il ruolo di elemento socializzante che in Europa, in particolare in Italia ha sempre avuto, ancora dai tempi dell’antica Roma, per essere sempre più destinato ai degustatori più attenti. 

In crisi sono soprattutto le produzioni di superalcolici, che evidentemente ormai sempre meno commensali scelgono per il bicchiere della staffa al ristorante, dovendo più mettersi alla guida delle proprie automobili.

ok In difficoltà, perché con prospettive incerte, sono anche i produttori del Friuli Venezia Giulia, che essendo numerosi in una terra vocata ma in una regione di dimensioni limitate rispetto ad altre della Penisola, in questi anni hanno puntato molto sulle esportazioni, soprattutto verso gli Stati Uniti che stanno per gravare le importazioni verso gli USA con nuovi e pesanti dazi. 

Al Vinitaly 2025, come evidenziato dall’Assessore regionale all’Agricoltura che di concerto con l’Assessore alle Attività produttive Sergio Bini e Promoturismo segue il ‘racconto’ del vino FVG con un investimento da 2 milioni di euro, le aziende della DOC unica FVG saranno 142, 56 nello stand collettivo, le altre in propri spazi espositivi assieme a 6 biologiche. 

Un numero leggermente inferiore rispetto alle edizioni degli inizi del terzo millennio, ma che rispecchia anche il pubblico al quale esse si rivolgono. 

Tra le aziende della Riviera friulana ci sono quelle che hanno deciso di limitare la partecipazione al Prowein di Dusseldorf o al Salone del vino di Parigi, balzato di recente all’attenzione di degustatori, enologi e del pubblico, come la Aziende agricole Toniatti, dei fratelli Toniatti, di San Michele al Tagliamento Latisana, altre che hanno optato per la partecipazione ad altri eventi ma si basano soprattutto su un plafond di estimatori ormai consolidato nel Friuli Venezia Giulia e nel Veneto, come Lorenzonetto Cavalier Guido di Pertegada di Latisana (Ud), con Guido assieme al figlio enologo Marco sempre attento alla valorizzazione dei vitigni autoctoni e al carattere del vino locale, e a ottenere dai terreni in prossimità del fiume Tagliamento il massimo, come Blancjuris, biancori in lingua friulana, un vigneto che si sviluppa su terreni resi bianchi dal salmastro dell’acqua che sgorga dal sottosuolo. 

Altre come Isola Augusta di Palazzolo dello Stella di Massimo Bassani, assecondato anche all’estero, a Bruxelles in particolare dal figlio Jacopo, che nel proprio stand amplierà ancora, se ce ne fosse bisogno, la platea degli estimatori della Ribolla Gialla spumantizzata. E’ il cavallo di battaglia dei produttori fondanti del vigneto Friuli, tra i quali Massimo Bassani che con suo padre Renzo fece tesoro dell’osservazione di Gino Veronelli, in visita a Isola Augusta negli anni ’70, il quale definì quei terreni a metà strada tra le zone di bonifica e sabbie e ghiaie un ‘Cru’ da valorizzare. 

A est nella Riviera friulana ecco un’altra realtà resiliente, come lo sono la gran parte di quelle citate nella Riviera friulana, perché capaci di realizzare da terreni forse beneficiati da un clima influenzato positivamente dalla vicinanza dell’Alto Adriatico una qualità premiata anche nei concorsi mondiali mono varietali. 

È Feudi di Romans di Renzo Lorenzon, uno dei pionieri dell’area deche oggi condivide l’ulteriore sviluppo dell’azienda con i figli, Davide, enologo, e Nicola, alla promozione, il quale proprio mentre l’abbiamo sentito per questa nota stava viaggiando verso Genova per una serata degustazione con i vini prodotti a Pieris (Go) da Feudi di Romans, distintivi del territorio fatto di grave e sabbie, perché il risultato dei depositi alluvionali del fiume Isonzo. 

A conferma che i vini della Riviera friulana, come molti del Vigneto Friuli ipotizzato da Piero Pittaro, hanno un forte appeal anche in terre lontane e tra appassionati con una diverseformazione e consuetudine enologica al gusto e ai profumi. 

Infatti, i Lorenzon puntano, e punteranno anche al 57. Vinitaly nello stand personale come quello dei Bassani, le loro attenzioni su Sontium, un blend di uve bianche fortemente voluto da Enzo Lorenzon che porta il nome antico latino dell’Isonzo. 

È il fiume che pur tra le ghiaie e i microclimi insoliti gli ha consentito di inventare grandi vini, come la Ribolla Gialla, una sfida recente e una ‘chicca’ per estimatori, che viene fatta maturare in anfore interrate per un anno. 

Ma si tratta davvero di una produzione di nicchia. Come per gli altri produttori della Riviera friulana difficilmente escono dalle loro cantine, frutto di vigneti beneficiati dall’aria leggermente sapida della brezza marina prodotti enologici che non ottengano il riscontro dei degustatori e dei tecnici. 

La scelta di seguire le tecniche tradizionali, e pure in presenza di un clima, freddo a parte, spesso estremo nelle assolate giornate estive, di mantenere il giusto livello alcolico e l’adeguata presenza di aromi e profumi, ha generato vini gradevoli e di facile interpretazione e beva. 

Ora tutti attendono con ansia l’esito di questo Vinitaly, frequentato ormai da tecnici e operatori (lo scorso anno meno di 30 mila) per favorire gli scambi, i contatti con una clientela selezionata, e la possibilità, per chi sarà presente, di fruire di un contatto diretto con i produttori e con le loro chicche.

Carlo Morandini